Il coro rappresenta un’opportunità insostituibile per chi vi partecipa e per chi ha la fortuna di ascoltarlo nelle sue numerose esibizioni: ai primi offre uno spazio nel quale aumentare la consapevolezza di sé e del proprio corpo, la fiducia nelle proprie risorse (compresa la capacità di dominare il palco e l’emozione di trovarsi davanti al pubblico), il piacere di fare musica e cantare insieme agli altri; ai secondi di sperimentare la potenza della coralità e di vedere in prima persona, plasticamente, che l’inclusione è sempre possibile.
Il Coro dell’Associazione, che da subito si è dato il nome Intelletto d’amore con un chiaro omaggio dantesco, nasce nel dicembre del 2010 sulla scorta delle esperienze che negli anni precedenti erano state fatte nell’ambito dei linguaggi dell’arte, ed in particolare del teatro e della musica.
Nei primi anni la conduzione fu affidata a Giorgio Moschetti, psicologo, psicoterapeuta e musicoterapeuta, che aveva già fondato cori polifonici a Torino, Ivrea e Novara e che nel 2006 aveva fondato l’Associazione “Cura e Cultura”.
Successivamente la direzione è stata affidata a Laura Saccomandi.
Il coro, iscritto all’USCI (Unione Società Corali Italiane), è composto da 27 persone per le quali, in linea con l’idea inclusiva di In-Oltre, la classificazione di “disabile” o “non disabile” è irrilevante: al centro sta la passione per il linguaggio della musica e per la coralità, il desiderio di lavorare con serietà e rigore per affrontare repertori polifonici impegnativi e garantire al pubblico serate musicali all’insegna della bellezza. Una qualità perseguita senza sconti.
In questo modo il coro rappresenta un’opportunità insostituibile per chi vi partecipa e per chi ha la fortuna di ascoltarlo nelle sue numerose esibizioni: ai primi offre uno spazio nel quale aumentare la consapevolezza di sé e del proprio corpo, la fiducia nelle proprie risorse (compresa la capacità di dominare il palco e l’emozione di trovarsi davanti al pubblico), il piacere di fare musica e cantare insieme agli altri; ai secondi di sperimentare la potenza della coralità e di vedere in prima persona, plasticamente, che l’inclusione è sempre possibile.